La Service Governance. Dare forma al governo degli spazi
Uno spazio è reale quando è condiviso
“L’ordine è il piacere della ragione, ma il disordine è la delizia dell’immaginazione”. Lo scriveva Paul Claudel, ricordandoci quanto la forma delle cose contenga anche il loro senso. In eFM, la Service Governance nasce proprio da qui: dal bisogno di restituire ordine alla complessità, senza ridurne la ricchezza. Non un sistema rigido, ma una grammatica comune per abitare e governare gli spazi in modo coerente.
La gestione immobiliare, oggi, si muove su molteplici piani: tecnico, economico, relazionale, digitale. La Service Governance riunifica questi livelli in un’unica architettura operativa, capace di connettere il cosa si fa, con il perché lo si fa e con il come lo si misura. Al centro non c’è il servizio, ma la relazione tra chi domanda e chi offre. Una relazione fatta di responsabilità condivise, ruoli chiari, obiettivi misurabili.
Tre leve per costruire un modello
La struttura della Service Governance si articola in tre dimensioni complementari. Tre come le domande fondamentali di ogni progetto: cosa cambiare, come contrattualizzare, come verificare.
- Change Management è il livello strategico. Qui si ridisegnano processi, si definiscono responsabilità, si decide cosa semplificare, cosa mantenere, cosa trasformare.
- Contract Management è il livello progettuale. Si costruiscono strumenti chiari, capaci di trasformare obiettivi complessi in regole operative. Non solo contratti, ma modelli relazionali.
- Performance Management è il livello operativo. È qui che la governance diventa reale: dove si leggono i dati, si verificano le prestazioni, si valuta il valore prodotto.
La forza di questo approccio sta nella sua applicabilità trasversale: può essere attivato a livello corporate, di progetto o di dominio. Sempre mantenendo la stessa logica di fondo: integrare competenze e strumenti in un modello unico, continuo, adattivo.
Una piattaforma è un punto di vista
Nella Fenomenologia della percezione, Merleau-Ponty scriveva che non vediamo le cose per quello che sono, ma per il modo in cui le abitiamo. La Service Governance porta questo principio nel mondo del Real Estate, traducendo la visione in metodo. Non si limita a descrivere ciò che accade, ma crea le condizioni perché ciò che accade sia interpretabile, tracciabile, migliorabile.
La tecnologia, in questo modello, non è un fine. È il dispositivo che permette di agire con coerenza: raccogliere dati, connettere segnali, automatizzare decisioni. MyspotHub rappresenta il centro operativo in cui si compone questa governance digitale, dove i processi si rendono visibili e i comportamenti diventano misurabili.
Ma la governance, prima ancora che nei sistemi, vive nella cultura. Richiede una postura diversa: dalla reattività all’intenzionalità, dalla somma delle prestazioni alla cura dell’esperienza. In un’epoca in cui lo spazio è sempre meno fisico e sempre più relazionale, la Service Governance è una risposta possibile. Un modo per rendere abitabile la complessità. Un modo, forse, per rimettere al centro la forma e la sostanza delle cose.