Il vecchio ufficio non esiste più. Il remote working non è sostenibile. Ecco la terza via.
Finalizzato ad attuare un modello di lavoro diffuso, produttivo, engaging ed ecosistemico, il progetto Hubquarter ambisce a diventare il progetto italiano per lo spazio condiviso più grande d’Europa.
Infatti, circa il 70% degli spazi di lavoro è oggi inutilizzato, lo stesso vale per quelli di formazione, di cultura, di intrattenimento. Attraverso la sharing economy, questi spazi possono tornare a vivere in regime di condivisione. L’idea di Hubquarter è che ogni soggetto, pubblico o privato, individui una percentuale dei propri asset immobiliari vuoti e li metta in condivisione. Una volta mappati e connessi in un unico hub distribuito sul territorio, questi spazi si aprono a nuovi utilizzi. Se solo 4 delle principali aziende italiane condividessero l’1% dei propri spazi avremmo un hub di 200mila metri quadri già pronto e utilizzabile.
Un “patrimonio” immobiliare a supporto del lavoro diffuso e della centralità delle relazionali
Prima della pandemia solo il 5% degli italiani amava stare in ufficio e in generale i workplace erano utilizzati al 50%. A quasi due anni dal covid, la percentuale di utilizzo è ulteriormente scesa: gli uffici sono vuoti al 70%, i musei chiusi o vuoti al 60%, bar e ristoranti utilizzati solo per il 10% del tempo, teatri e cinema ridotti al 50% di capienza.
Abbiamo un’ampia infrastruttura immobiliare pronta all’uso che è stata svuotata dal covid e un modo di concepire il senso dell’ “abitare un luogo” che è cambiato rispetto al passato. Possiamo sfruttare questo momento per ridare anima al patrimonio immobiliare, condividerlo e abilitarlo digitalmente. Possiamo creare diversi “relational workplace”, nei quali costruire nuove relazioni, occasioni di arricchimento umano e professionale, nuove idee e processi di Open Innovation. Ne è un esempio il progetto Smart Alliance del consorzio Elis, in partnership con eFM che mette a disposizione, oltre la propria sede di Milano anche la piattaforma MYSPOT. Sono coinvolte molte grandi aziende come NTT Data, A2A, Acea, Anas, Enel, CDP, Generali, Iren, Microsoft, Cisco, fra le altre, che condividono parte dei propri spazi aziendali per creare uffici a chilometro zero, non soltanto accessibili ai dipendenti delle altre aziende, ma vere e proprie palestre relazionali.
Il concetto di palestra relazionale è un pilastro di questo modello ed è ciò che lo distanzia da un più comune coworking: la palestra è infatti l’intersezione di community di professionisti, la cui interazione è fortemente incoraggiata dal modello. Nelle palestre vengono anche organizzati eventi e attività formative in funzione delle community che le popolano.
I benefici per le persone, le aziende e le città
Il progetto Smart Alliance è dunque una manifestazione concreta dell’Hubquarter di eFM, un paradigma ecosistemico di lavoro diffuso e sostenibile, fondato sulla condivisione degli spazi e, soprattutto, sulla costruzione di community intraziendali. Il tutto, finalizzato a creare un modello virtuoso che offre benefici tangibili alle persone, alle aziende e al sistema nel suo complesso.
Il progetto punta a sostenere il benessere fisico e mentale delle persone, a stimolare la loro creatività attraverso interscambi continui e a renderle produttive ed engaged, legate alla propria azienda e ai suoi valori. Le imprese efficientano l’uso dei propri patrimoni immobiliari, messi a durissima prova dalla pandemia e dallo smart working, e massimizzano la retention dei talenti, creando un ambiente in cui le persone lavorano con piacere. Senza dimenticare i benefici in termini di sostenibilità ambientale e la redistribuzione di risorse e servizi nei distretti urbani, cosa che crea nuove opportunità di business e di crescita cittadina.
MYSPOT la piattaforma di Hubquarter
MYSPOT è la piattaforma abilitante l’Hubquarter che sta appunto utilizzando il progetto Smart Alliance. Lungi da essere un semplice sistema di booking di spazi e servizi, MYSPOT fa proprie le finalità e lo spirito del progetto. A partire proprio dalla prenotazione: il luogo (palestra relazionale) può essere scelta non soltanto in funzione dell’attività da svolgere e dall’ubicazione geografica, ma soprattutto del Genius Loci, ovvero delle aree di conoscenza che la popolano.
Alla prima attivazione dell’app, infatti, MYSPOT prevede una profilazione che comprende sia le competenze professionali che gli interessi personali. Essa permette alla piattaforma di indirizzare le persone verso i luoghi dotati di aree di conoscenza affini: la ratio è che, in questo modo, le probabilità di sviluppare interscambi virtuosi, da cui creatività e innovazione, aumentano in modo considerevole. L’applicazione, che si pone come vero e proprio digital assistant del lavoro diffuso, permette non solo la prenotazione di desk, meeting room e altre risorse, ma anche la partecipazione agli eventi fisici e virtuali, nonché un ricco database di contenuti formativi.
Sulla base del comportamento dell’utente all’interno della piattaforma, MYSPOT calcola autonomamente diversi indicatori e li fa confluire nel valore di relational engagement. In estrema sintesi, esso rappresenta la capacità della persona di sfruttare al massimo le opportunità del modello di lavoro diffuso, trovando in esso non solo un modo per lavorare con più libertà, ma anche un modello di continuo arricchimento personale e professionale.