Hubquarter e il lavoro di eFM. Come nutrire il capitale relazionale
La filosofia di eFM su Fortune Italia
Business, architettura, rigenerazione urbana, salute. Sono tanti i temi affrontati dal nuovo numero del magazine. Tra questi, la filosofia innovativa di eFM e dell'Hubquarter come modello di Workplace Evolution, Innovazione Digitale e Sostenibilità. Un’intervista a Daniele Di Fausto, CEO eFM e Founder Venture Thinking.
Essere in luoghi diversi, in momenti diversi. Il mondo del lavoro oggi si sta configurando sempre di più come un percorso multisfaccettato, fatto di esercizio della professione, crescita personale e relazioni. L’Osservatorio Nazionale sui Luoghi di Lavoro, in una recente pubblicazione, ha reso noto che in Italia quasi il 90% delle aziende ha adottato in modo permanente soluzioni di remote-working per le proprie persone – circa 7 milioni di professionisti parzialmente “liberati” dal vincolo geografico – e più del 50% è in cerca di modelli di lavoro distribuito, attraverso cui ripensare la funzione e il significato dei propri asset immobiliari.
Sono tre gli indicatori che sembrano determinare l’attuale scenario, nazionale ed internazionale: l’inadeguatezza degli spazi, talvolta insufficienti, più spesso da riconvertire (nel 20% dei casi l’azienda ha spazi inutilizzati, nel 36% non ha spazi sufficienti – fonte: Gupta), un bisogno crescente di “liberare” il lavoro dai vincoli di luogo e di tempo (il 51% delle aziende si dice pronto ad abbracciare un modello di lavoro diffuso – fonte: Osservatorio Nazionale sui Luoghi di Lavoro), la necessità di costruire nuovi meccanismi di engagement come leva di incremento della qualità e della produttività (aumentare l’engagement dei dipendenti sul luogo di lavoro innesca una crescita fino al 20% della produttività – fonte: Gallup).
“Ci vorrebbe un ufficio che si spostasse con noi e che non fosse solo un ufficio ma molto di più: un luogo vivo, che permetta il continuos learning, il lavoro in team, la connessione con professionisti da tutto il territorio. Un relational workspace.
La forza di Hubquarter è che non va comprato né costruito alcun nuovo edificio. Gli spazi esistono già: sono quelli sotto-utilizzati di aziende, istituzioni, pubblica amministrazione che finalmente si aprono all’esterno, diventando dei moltiplicatori di valore, aggregatori di esperienze.
La connessione digitale di tutti i siti accende le opportunità, consentendo a chiunque una finestra sugli altri hub e la possibilità di accedere, digitalmente ma anche fisicamente, alle attività che vengono realizzate. Ogni spazio dialoga con il territorio e si fa espressione di quella domanda diffusa che varia di città in città, di regione in regione, dando vita naturalmente a fucine di innovazione territoriali.
Su scala nazionale, significa creare dei veri e propri distretti tematici che possono dialogare tra loro e cooperare con il tessuto sociale e produttivo di cui fanno parte. Ogni sito ha una propria dimensione di fruizione fisica, ma intercetta e si fa portatore dell’innovazione del distretto di cui fa parte, diventando un punto d’accesso. Hub come intreccio, dunque, di spazi, servizi e comunità.
Questo modello, implementato su un asset fisico diffuso, vive attraverso una piattaforma tecnologica in grado di connettere la domanda e l’offerta non soltanto in termini di spazi, ma anche e soprattutto in termini di relazioni: si chiama Myspot, ed è in grado di mappare le caratteristiche professionali delle persone e dei luoghi e restituirle all’utente per scegliere in modo consapevole dove e quando lavorare per entrare a far parte di una comunità”.