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Workplace management: 3 strade per un ufficio migliore

Quali sono gli obiettivi del workplace management? Adottando un punto di vista decisamente alto, si potrebbe parlare di ottimizzazione del bilanciamento tra produttività e costi del workplace stesso. Per quanto riguarda il primo aspetto, diversi studi mettono chiaramente in relazione l’employee engagement con la produttività individuale, con la motivazione e il turnover, legandosi così in modo stretto ai risultati dell’azienda. Ma cosa c’entra l’ufficio in tutto ciò? Nonostante l’avanzata dello smart working e del concetto di “lavoro diffuso”, l’ufficio sarà ancora a lungo un elemento cardine dell’ecosistema aziendale: magari non più il luogo in cui ci si reca tutti i giorni, ma senz’altro quello in cui si respira la cultura aziendale, si creano contatti, in cui c’è un livello di interazione superiore; l’ufficio sarà sempre la sintesi della storia dell’impresa, dei suoi valori e della sua missione.

Per tutti questi motivi, lo spazio fisico ha ancora un ruolo e un impatto nei confronti dell’engagement, e su questo incidono il design degli spazi, i servizi offerti, la tecnologia integrata e l’organizzazione: ci rendiamo conto siano considerazioni banali, ma quale tipo di engagement può generare un open space in cui non ci si riesce a concentrare perché venti persone parlano tra loro o sono perennemente al telefono, oppure ancora una sala riunioni in cui la climatizzazione va riparata da giorni e, oltretutto, è sempre occupata? Molto spesso, a onor del vero, i fattori che incidono sull’engagement – e quindi sui risultati dell’azienda – sono molto più sfumati di questi, e perciò anche più difficili da cogliere: una sala riunioni che non si riesce a prenotare può essere uno di questi, ma anche una struttura a silos che impedisce interazioni casuali tra le persone, alcune aree dell’edificio con temperatura o umidità eccessiva, e via dicendo.

 

Workplace management: il significato di sensible place

Ecco perché ha molto senso, nell’ottica del workplace management, introdurre il concetto di “sensible place”, di luogo senziente, che metaforicamente ascolta le persone che lo abitano, coglie eventuali segnali di insoddisfazione e permette di prendere decisioni finalizzate a massimizzarne l’engagement. Decisioni che, beninteso, non necessariamente obbligano l’azienda a ristrutturare, rivedere il layout degli spazi o a sostituire tecnologie: a volte basta poco per migliorare l’engagement, solo che mancano i dati su cui lavorare. Un sensible place è uno spazio che, grazie a una serie di strumenti tecnologici, acquisisce ed elabora in tempo reale dati – tanto ambientali che sociali - che hanno un impatto essenziale sul modo in cui le persone vivono l’esperienza lavorativa, al fine – dal punto di vista del workplace management – di migliorarla sotto ogni profilo.

 

Workplace management e costi

Prima, inoltre, si parlava di costi. Un sensible place ha anche un impatto importante su questi, semplicemente perché ottimizzare fa rima con una forte riduzione delle inefficienze. Se si hanno dati a disposizione, se c’è visibilità su ciò che accade in ufficio, sul modo in cui gli spazi e i servizi vengono usati, sul journey delle persone, si possono anche identificare servizi sfruttati male, inefficaci, oppure spazi inutilizzati che oggi incidono sui costi ma domani potrebbero essere riservati ad attività remunerative. Il wokplace management è tutta una questione di visibilità su ciò che accade all’interno dell’ufficio, ma anche di capacità di valorizzare questi dati e di reagire in modo efficace di fronte alle informazioni che il sensible place ci fornisce quotidianamente.

 

Il ruolo dell’IoT e dei dati nel workplace management

Sempre in ottica di workplace management, ci si può domandare quali siano gli strumenti atti a trasformare un ambiente lavorativo tradizionale in un sensible place. Sono ovviamente decine, ma li possiamo raggruppare in tre grandi aree:

Workplace management e IoT

Senza dati su cui lavorare, è impossibile anche solo parlare di sensible place. Fortunatamente, sensori e dispositivi IoT sono oggi molto diffusi e permettono di acquisire tutte le informazioni utili ai fini dell’ottimizzazione dell’esperienza lavorativa. Si va, quindi, da comuni sensori di umidità e temperatura alla misurazione della pressione acustica, fino a sistemi tecnologicamente avanzati in grado, grazie a tecniche di Computer Vision, di comprendere il sentiment delle persone, ma anche solo di tracciare i loro movimenti, accompagnarli all’interno delle strutture con sistemi di navigazione indoor, comunicare mediante messaggi personalizzati inoltrati via app e così via. Insomma, oggi è possibile ricavare dalla “vita” di un ufficio un patrimonio informativo estremamente esteso che riguarda spazi, servizi e, più in generale, modalità di conduzione dell’esperienza lavorativa.


Il feedback del workplace management

Registrare dati e comprendere le emozioni sono due cose diverse. Si è già detto che le attuali tecniche di computer vision permettono di cogliere il sentiment, ma nulla può sostituire – anche per una questione di immediatezza – il tradizionale feedback. È dunque molto importante che un sensible place non si limiti ad acquisire dati, ma dialoghi con l’utente per capire quanto sia stato in grado di soddisfare le sue esigenze: per fare un esempio, un sistema di prenotazione delle postazioni lavorative può interrogare gli utenti circa la qualità dell’esperienza e, in caso negativo, proporre la volta successiva un’altra postazione con caratteristiche (di posizione, orientamento, temperatura media, livello acustico, ecc.) differenti.


Al workplace management non basta il dato grezzo

Qui si fa veramente in fretta ad arrivare all’intelligenza artificiale, ma d’altronde è anche vero che i dati grezzi servono a poco. Ciò che conta sono le informazioni sottostanti, fondamentali per il decision making e per automatizzare la gestione dell’ufficio. Perché se è vero che una piattaforma informatica non può decidere di rivoluzionare il layout dell’ufficio (al massimo, può suggerirlo), al tempo stesso può gestire autonomamente l’assegnazione delle postazioni, cercando di soddisfare – e di prevenire - le esigenze di ognuno. La vera chiave di volta è quindi passare dal feedback al feedforward, ovvero raccogliere dati per suggerire all’utente il modo migliore di vivere i diversi momenti di cui è composta la propria esperienza lavorativa.

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