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Smart working, moda o cambiamento radicale?

Daniele Di Fausto,  Ceo di eFM, ha commentato su Huffington Post i dati resi noti dal Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano che confermano come non si possa più assolutamente parlare di una moda, ma sia ormai un fenomeno strutturato e in grande crescita. Perchè le grandi corporation possano coglierne tutte le opportunità che il Lavoro Agile può generare, è necessario compiere ancora un cambio di ottica culturale.

 

Bisogna liberarsi da alcuni luoghi comuni.

 

È presente, a ben guardare, un pericolo concreto che il Lavoro Agile si risolva in un pendolo ufficio/casa. Se lo Smart Worker diventa esclusivamente un "lavoratore remoto" si rischia un effetto boomerang che riporta alla definizione letterale che la Treccani offre del termine remoto = dal latino remotus, "allontanato, lontano", part. pass. di removere. Spesso associato con l'idea di solitudine, di separazione, di lontananza dai luoghi frequentati. Fra casa e ufficio esiste invece una miniera di competenze e conoscenze, una ricchezza che, attraverso lo Smart Working, può diventare accessibile all'impresa.

 

Ma soprattutto, è necessario prepararsi a passare al Large Scale Learning, se non si vuole restare irrimediabilmente indietro.

 

Non basta quindi lasciare il lavoratore libero di decidere quando e dove lavorare. È fondamentale accompagnare la libertà lavorativa acquisita verso luoghi "inspiring" in chiave di crescita del valore personale, e quindi, aziendale. Lo Smart Working può essere lo strumento per abilitare un apprendimento permanente verso le nuove competenze in continua evoluzione che la Digital Transformation necessita, una palestra dell'innovazione, un "work out the future". Non costruire quindi solamente le competenze all'interno dell'ufficio ma accompagnare ogni giorno il lavoratore a cogliere, e direi, a frequentare i luoghi dove esse vivono.

Dalla large scale economy è necessario evolvere verso il Large Scale Learning. Lo Smart Working può diventare lo strumento per attivare questo processo, essere la porta d'accesso per una svolta davvero "disruptive" nel modo di pensare e di vivere il lavoro.

Per approfondire, qui l'articolo integrale su Huffington Post.

 

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