In risposta alle sfide della pandemia, le aziende stanno gradualmente adottando modelli di lavoro agile. L’obiettivo è ambizioso: ottenere performance straordinarie in termini di produttività, engagement e benessere svincolando l’attività lavorativa dal luogo in cui si svolge.
Dal punto di vista dell’employee, lavoro agile significa vivere un’esperienza di lavoro fluida, dinamica e finalizzata a raggiungere determinati obiettivi, non a trascorrere il proprio tempo in un luogo predefinito. Poter scegliere (anche giorno per giorno) dove vivere l’esperienza responsabilizza le persone, le rende più engaged, connesse ai valori dell’azienda e produttive. Ciò dipende da un miglior bilanciamento tra vita personale e professionale, ma anche dalla possibilità di scegliere il luogo migliore (uno specifico desk, una sala riunioni ad hoc, ma anche casa propria, una biblioteca, un coworking…) in funzione dell’attività da svolgere o della community che è possibile intercettare.
Abilitare un modello di lavoro agile, produttivo ed engaging, non è semplice. In conseguenza della pandemia, le aziende si sono trovate con spazi vuoti fino al 70%, con ambienti non adatti ad assecondare le dinamiche del lavoro ibrido e con le proprie persone che lavorano in luoghi diffusi, comunicano sempre di meno e si potrebbero allontanare dai valori e dalla cultura dell’azienda. Un comune remote working, come quello dei primi mesi della pandemia, abbatte la possibilità di coltivare relazioni e networking, non stimola in alcun modo lo sviluppo di conoscenza e competenze, oltre ad annullare le collisioni casuali e le conversazioni informali, che spesso forniscono stimoli per l’innovazione e la creatività.
Come vincere tutte queste sfide? Rivedendo il modello di lavoro dalle fondamenta. Da un concetto fortemente centralizzato, sia a livello di governo che di luoghi in cui vivere la work experience (Headquarter), l’evoluzione porta all’Hubquarter, ovvero a un modello di lavoro diffuso, condiviso, con distribuzione delle responsabilità e capillarità dell’esperienza.
Spieghiamo meglio. Hubquarter si basa sulla condivisione di spazi di lavoro (inoccupati) da parte di aziende ed enti pubblici. In questo modo, esse possono efficientare l’uso del patrimonio immobiliare e contribuire alla creazione di un network distribuito sul territorio, in cui ogni luogo permette alle persone di vivere al meglio la propria esperienza lavorativa.
I luoghi del network vengono attrezzati non solo per lo svolgimento del lavoro in modalità ibrida e per offrire un palinsesto di eventi e di animazione, ma soprattutto per favorire le relazioni e costruire vere e proprie community di professionisti, dal cui contatto e dalla condivisione dell’esperienza possano nascere opportunità di innovazione, di crescita professionale, di apprendimento continuo e anche di business.
Hubquarter punta a trasformare il territorio in un hub di esperienze al servizio del lavoro ibrido. Gli employee possono decidere dove vivere la work experience tra i diversi luoghi disponibili, optando per quelli più adeguati in funzione delle community presenti, delle relazioni già instaurate, di quelle da creare o, più semplicemente, dell’ubicazione del luogo.
Hubquarter ha un impatto sistemico: sulle persone, sulle aziende e sulle città e il territorio. Per le persone, Hubquarter è la sintesi del lavoro agile e dell’empowerment: permette di scegliere dove lavorare, favorisce la crescita personale e professionale, costruisce nuove relazioni e bilancia al meglio la vita personale e professionale. Le aziende, dal canto loro, con Hubquarter abilitano un paradigma di lavoro ibrido efficace, moderno, ingaggiante e produttivo. I loro spazi tornano a generare valore, possono contare su una workforce motivata (engaged) e su un modello dinamico e moderno che, come tale, attrae talenti e lega a sé quelli già in azienda.
Infine, ma non per importanza, la città si avvia verso il paradigma della Smart City. Il territorio diventa sempre più interconnesso e basato su un paradigma evoluto di sharing economy, che dopo la mobilità si trova a coinvolgere anche l’infrastruttura del real estate. Inoltre, il modello di lavoro diffuso “distribuisce” naturalmente i lavoratori all’interno del territorio, riduce gli spostamenti (meno CO2) e fornisce opportunità di sviluppo di nuove attività imprenditoriali e commerciali al di fuori dei classici centri di business.