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Workplace experience design: quanto rende l'employee experience?

Scritto da eFM | 17 giugno 2020

Un approccio centrato sul workplace experience design consente di collegare customer experience (CX) ed employee experience (EX). Mentre in questi anni le aziende si sono focalizzate soprattutto nell’incremento della prima, diversi studi hanno dimostrato lo stretto legame fra entrambe le esperienze. Forbes, per esempio, ne ha citato un paio da cui si ricava che le aziende con una eccellente CX hanno dipendenti con un livello di engagement superiore di 1,5 volte a confronto delle concorrenti. Così come quelle in cui l’engagement dei lavoratori risulta particolarmente elevato surclassano i competitor del 147%. È anche vero che recentemente Gartner sul parametro dell’employee engagement come sistema di misurazione dell’EX ha invitato aziende e HR Manager a essere cauti. In pratica ha raccomandato di accompagnare le classiche survey somministrate ai dipendenti con rilevazioni più sofisticate in grado di raccogliere la vera voice of employee. Una voce che oggi può trovare ascolto nei modelli di workplace experience design.

 

Workplace experience, perché oggi va ripensata

Ripensare la workplace experience richiede un nuovo approccio che tenga conto di quanto emerso durante le varie fasi del lockdown a cui le aziende sono state costrette a causa della pandemia. Anzitutto è necessario rivedere il modello del remote working in un’ottica che faccia realmente prevalere il “lavoro agile”. La questione cruciale non è tanto la distanza dall’ufficio, quanto piuttosto la semplificazione dell’employee journey a prescindere da dove ci si trovi. In altri termini, non si tratta di trasformare i domicili dei dipendenti in altrettante succursali delle imprese, come avveniva in passato con il telelavoro. Bisogna fare in modo che i collaboratori possano svolgere le proprie mansioni nel modo migliore possibile dappertutto. Nella workplace experience è fondamentale perciò rendere flessibili i due termini che appartengono a questa espressione: workplace ed experience, appunto. Per farlo occorre partire dai molti dati che oggi consentono di capire quanto l’ambiente, le tecnologie e gli strumenti influiscano nel determinare la workplace experience.

 

Workplace experience design: compliance e produttività

Esistono diverse ricerche incentrate sull’importanza che il contesto fisico in cui si lavora assume ai fini delle prestazioni. Da quelle di natura clinica pubblicate sul Journal of Clinical Sleep Medicine in cui è stata accertata la correlazione tra un ambiente luminoso dotato di finestre e la qualità del sonno, passando per le ricerche che riconoscono nello smart working un paradigma che dovrebbe garantire migliori performance, l’elenco è molto lungo. Tutto questo va armonizzato con una serie di adempimenti normativi, tra cui quelli richiesti all’interno di uffici e stabilimenti nell’attuale scenario pandemico, che vanno tenuti necessariamente in considerazione. La peculiarità di un workplace experience design risiede nella capacità di riuscire a sintetizzare esigenze oggettive di compliance con modelli che assicurano le condizioni più favorevoli all’incremento della produttività, frutto della convergenza di spazi e tecnologie ideali durante l’employee journey. Partendo dall’esperienza degli end user e facendo tesoro dei feedback che provengono di volta in volta, il posto di lavoro viene in definitiva ritagliato sui fabbisogni flessibili di organizzazioni e dipendenti.

 

L’approccio olistico nel workplace experience design

L’analisi di Gartner è interessante perché pone la questione della produttività come indicatore principale per calcolare l’impatto di qualsiasi azione volta a migliorare l’esperienza del dipendente. Per esempio, riporta il caso emblematico, nell’utilizzo di applicazioni aziendali e infrastrutture IT, in cui le persone tendono ad abbandonare un processo o a trascorrere più tempo cercando le informazioni che gli occorrono. O quello altrettanto ricorrente della reimpostazione delle password perché smarrite o dimenticate. Si tratta di parametri che consentono di stabilire standard di produttività garantiti o meno grazie alle tecnologie in uso. Il workplace experience design va oltre, perché non si limita a progettare la soluzione ottimale dal punto di vista tecnologico, ma affronta la sfida della employee centricity in maniera olistica mettendo insieme persone, spazi, processi e, ovviamente, tecnologie. Ciò significa che tutti i fattori che contribuiscono a definire la soddisfazione del dipendente vengono analizzati e tenuti in considerazione prima del deployment.

 

La personalizzazione nel workplace experience design

La fase precedente al deployment, inoltre, è facilitata dal ricorso alla Virtual Reality per immaginare il workplace connesso all’esperienza di coloro che dovranno utilizzarlo quotidianamente. Gartner sottolinea anche che i team di employee experience design più avanzati fanno leva sui dati per costruire e comprendere segmenti di forza lavoro differenziati, una segmentazione che guida il workplace experience design. Rientrano in questa suddivisione gli aspetti demografici, le mansioni dei dipendenti, la sede o le sedi in cui abitualmente sono svolte le attività, il reparto o la business unit di appartenenza e così via. La personalizzazione dell’esperienza, analogamente a quanto avviene nella customer experience per coinvolgere maggiormente la clientela, è una delle molle cruciali per rendere più produttive le persone. Con il vantaggio che la progettazione fondata sui dati nel workplace experience design non si esaurisce nello stadio iniziale di implementazione, ma continua a perfezionarsi nel tempo attingendo a informazioni che registrano quanto realmente l’esperienza sia positiva.

 

Employee experience positiva, la leva per competere

In definitiva, quanto sopra riportato pone l’accento proprio sulla capacità di realizzare una employee experience positiva. Così come avviene per la customer experience, infatti, con cui le aziende si sforzano di garantire un’esperienza più che soddisfacente a favore dei clienti, riuscire a generare una employee experience positiva è la chiave per ottenere risultati che si riverberano su aspetti fondamentali dell’ambiente di lavoro. Nel primo caso una CX di valore contribuisce ad abbassare la percentuale di churn rate, favorendo un engagement superiore del cliente che non ha ragioni per passare alla concorrenza; nel secondo una employee experience positiva abbassa il turnover dei dipendenti, migliora il loro work-life balance e li trasforma in veri brand ambassador per loro stessa iniziativa. Tutto questo si traduce in maggiore efficienza e in minori costi, basti pensare a cosa significa poter disporre di una forza lavoro profondamente motivata ai fini del raggiungimento degli obiettivi di business. Ecco perché l’employee experience positiva oggi va considerata una leva per competere sui nuovi mercati.